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SCIENZE E PREGHIERA, IL NUOVO LIBRO DI DON NICOLA D’ONGHIA

Scienze e preghiera, si intitola così il nuovo libro scritto da don Nicola D’Onghia. Il volume a partire dal titolo indica al lettore la possibilità del dialogo fra i due diversi ambiti disciplinari. L’autore, nel corso dei suoi studi, ha ulteriormente approfondito i problemi relativi al dibattito scientifico contemporaneo. Il saggio si apre con la prefazione di d. Giulio Meiattini osb, monaco dell’Abbazia Madonna della Scala in Noci e teologo. La presentazione di d. Giulio aiuta il lettore a cogliere sia il tentativo che l’Autore si prefigge che l’articolazione dei tre capitoli. Si può cogliere la continuità fra le parti del saggio nell’evidenziare come la visione scientifica del mondo relazionale e complesso si apre alla trascendenza, in senso lato, e, in modo forte, alla Relazione con Dio.

Abbiamo intervistato l’Autore per accogliere, dalle sue parole, pensieri e sentimenti utili a presentare ai lettori il nuovo libro.

Don Nicola, cosa lega scienze e preghiera?

L’attenzione rivolta agli studi scientifici, nell’ambito della fisica quantistica e delle neuroscienze, mostrano come la dimensione costitutiva dell’uomo è data dalla sua relazionalità. L’avvento della fisica quantistica e gli studi neuroscientifici evidenziano come l’universo non può essere considerato come una macchina composta da una moltitudine di oggetti isolati, ma viene descritto come un tutto indivisibile, dinamico, le cui parti sono essenzialmente interconnesse. In altri termini, per comprendere la realtà bisogna guardare alle interazioni e non agli oggetti isolati. La materia stessa, pertanto, si presenta come un tessuto complesso di relazioni fra le varie parti di un tutto unificato.

L’altro aspetto legato alla dinamicità della materia è il ruolo di chi studia la realtà. Lo scienziato svolge un ruolo determinante nel processo di osservazione, tanto da influenzare sulle proprietà della materia. Ne deriva, così, una visione diversa: la materia non è in sé chiusa ma è aperta alla dimensione spirituale.

Cosa vuole trasmettere al lettore?

Innanzitutto voglio condividere queste riflessioni, che non hanno alcuna pretesa di esaustività, ma che possono contribuire a pensare e a riflettere sul come il credente non può rinunciare al dialogo con il mondo e con la cultura odierna. L’uomo non può pensarsi come realtà assoluta e autosufficiente. Ognuno di noi non portà in sé tutte le compiutezze e tutte le risposte. Il senso dell’insufficienza è dimensione costitutiva di ciascuno di noi. Sperimentiamo, in tanti modi, il limite e la mancanza che si spingono oltre. Le scienze cogliono tale dimensione dell’uomo, declinandola secondo i propri ambiti di ricerca. Il filosofo M. Buber, nel suo volume “Il principio dialogico, afferma: l’uomo si fa io nel tu.”

Sin dal primo momento della nostra esistenza abbiamo sperimentato l’incontro con l’altro. Sempre Buber sottolinea come il bambino con il movimento convesso della mano tende alla relazione. La relazione, pertanto, viene prima della sua stessa identità. La percezione del tu precede quella dell’io. L’uomo giunge a se stesso soltanto nell’incontro con il tu dell’altro, tutto ciò, trova fondamento nella relazione con Dio.

La preghiera, così, realizza in modo pieno l’identità umana. Nella preghiera cogliamo la verità di noi stessi per giungere al nucleo più profondo che non può essere identificato con una parte di noi: pensieri, emozioni, sentimenti. La vita non può essere vissuta abitando soltanto l’esteriorità, ma ritornando sempre al contatto con noi stessi, dove possiamo incontrare Dio e sentirci amati teneramente da Lui. Una nuova luce ci è donata per comprendere profondamente chi siamo e il senso della nostra esistenza e della realtà. Auspico che chi leggerà il testo trovi, come afferma d. Giulio nella prefazione, che ringrazio per la sua disponibilità e confronto nella riflessione, nutrimento e giovamento. Grazie.

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